Le siringhe giocano un ruolo essenziale nella somministrazione delle terapie parenterali e contribuiscono a garantire che il farmaco sia sterile e privo di contaminanti. Le siringhe in vetro preriempite, in particolare, permettono di combinare la praticità dell’autosomministrazione con una maggiore accuratezza della dose e una somministrazione più sicura.
Tuttavia, per i farmaci biotecnologici sensibili o per i farmaci biologici, in particolare quelli proteici, la potenziale presenza di tungsteno e ossidi di tungsteno utilizzati nella procedura di formatura della siringa può rappresentare un problema importante. Nelle linee di produzione viene generalmente usata una punta in tungsteno per formare il tratto conico distale della siringa. Il contatto meccanico tra la punta in tungsteno e il vetro della siringa alle altissime temperature richieste, può determinare l’erosione della punta e di conseguenza può accadere che dei residui di tungsteno si depositino sul materiale, portando alla formazione di ossidi di tungsteno sulla superficie del vetro. Con temperature vicine agli 800 °C, questi ossidi iniziano a sublimare e si depositano sul lato interno del tratto conico a imbuto.
Gli ossidi di tungsteno sono una vasta categoria di molecole, che possono interagire in diversi modi con i farmaci biologici. Queste interazioni possono provocare lo spiegamento o l’aggregazione delle proteine, determinare una perdita di efficacia e causare reazioni immunitarie non volute nei pazienti, mettendo a rischio sia la qualità del prodotto che la sicurezza del paziente.
Sono disponibili contenitori con livelli ridotti di tungsteno, fabbricati sfruttando un processo di produzione modificato che prevede, per esempio, un lavaggio meccanico supplementare e controlli più severi sulla presenza di tungsteno. Utilizzando questi contenitori, le aziende farmaceutiche hanno la possibilità di affidarsi a un’unica piattaforma di siringhe, nell’eventualità che i farmaci prodotti in futuro o altri farmaci nel loro portafoglio siano sensibili al tungsteno. Rimane aperta la questione se il livello di tungsteno presente in queste siringhe sia sufficientemente basso, poiché la sensibilità al tungsteno varia a seconda del farmaco.
Purtroppo, non è così semplice valutare in modo diretto la compatibilità con il tungsteno. Non esiste alcuno standard certificato che comprenda tutti gli ossidi di tungsteno e gli altri composti metallici che si formano durante il processo di produzione e che possa quindi aiutare le aziende farmaceutiche a scegliere il contenitore adeguato per i propri medicinali.
La scelta del contenitore sbagliato può compromettere la stabilità del medicinale, ma il problema rischia di emergere solo dopo gli studi di stabilità di Fase 3, quando viene utilizzato nelle sperimentazioni il contenitore definitivo del farmaco. Valutando la compatibilità tra farmaco e contenitore nelle prime fasi del processo di formulazione del farmaco si riducono invece al minimo il rischio per il paziente e la probabilità di dover apportare modifiche all’ultimo minuto. Eventuali cambiamenti in termini di formulazione o contenitore possono rendere necessaria la ripetizione delle prove di stabilità, il che può aumentare in modo significativo il costo e il time-to-market del prodotto.
Un modo per valutare la compatibilità tra farmaco e contenitore è eseguire uno studio con campioni addizionati di un estratto di tungsteno realizzato a partire dal processo di produzione. È possibile eseguire uno studio di spiking, in cui il prodotto viene esposto a diverse quantità note di tungsteno per verificare se dopo l’esposizione il farmaco si degrada, sia immediatamente che nell’arco della durata di conservazione prevista del prodotto, per esempio ricorrendo a un invecchiamento accelerato (mediante la conservazione del prodotto a una temperatura elevata) oppure osservandone l’invecchiamento in tempo reale.
Per evitare ogni problema fin da subito, i Technology Excellence Center (TEC) di Stevanato Group di Boston (USA) e Piombino Dese collaborano con il personale dell’azienda che si occupa della fabbricazione del vetro per creare dei campioni di siringhe addizionati intenzionalmente con quantità elevate di tungsteno. È quindi possibile creare estratti a base acquosa che comprendano le specie chimiche solubili in acqua coinvolte nella produzione delle siringhe in vetro e potenzialmente in grado di interagire con le molecole del farmaco.
I TEC di Stevanato Group possono quindi caratterizzare tali estratti mediante spettrometria di massa a plasma accoppiato induttivamente (ICP-MS, Inductively Coupled Plasma Mass Spectrometry) e individuare la presenza di tungsteno o tracce degli elementi coinvolti nella lavorazione misurandone la quantità con una precisione dell’ordine di una parte per miliardo. Per quanto riguarda gli elementi contenuti nel vetro, si può utilizzare la spettrometria di emissione ottica a plasma accoppiato induttivamente (ICP-OES, Inductively Coupled Plasma Optical Emission Spectrometry) per rilevare eventuali concentrazioni elevate degli elementi tipicamente estraibili dal vetro, quali alluminio, boro e silicio. Infine, tramite la cromatografia ionica ad alte prestazioni (HPIC, High-Performance Ion Chromatography) è possibile verificare la concentrazione degli ioni che sono potenzialmente in grado di interagire con il medicinale.
Oltre a fornire ai clienti gli estratti con cui addizionare i propri campioni ed eseguire autonomamente gli studi di stabilità, Stevanato Group dispone dei dati di stabilità relativi al singolo estratto, da cui emerge una durata di conservazione che supera i due anni. È inoltre possibile reinviare i campioni addizionati al TEC di Stevanato Group per verificare la quantità finale di tungsteno presente.
I clienti possono quindi valutare il comportamento di un farmaco dopo aver addizionato i campioni con concentrazioni diverse e dopo averli sottoposti a invecchiamento accelerato o in tempo reale per verificare se avvengono cambiamenti (come la degradazione/denaturazione delle proteine) che possono determinare un calo di potenza, un aumento di tossicità o addirittura un’immunogenicità del prodotto. Alcuni di questi fenomeni di degradazione delle proteine possono essere valutati presso i TEC di Stevanato Group: l’osservazione dei microflussi mediante imaging può facilitare l’identificazione di fenomeni di aggregazione proteica, il test di oscuramento della luce permette di valutare l’eventuale aumento complessivo delle particelle presenti e mediante ispezione visiva è possibile identificare eventuali aumenti della torbidità.
Anche solo per un singolo caso d’uso di siringa in vetro, non è mai troppo presto per tenere conto delle interazioni fra tungsteno e farmaci biologici o proteici.
Contattate i Technology Excellence Center per ulteriori informazioni su come possiamo aiutarvi a preparare e a studiare le interazioni farmaco-contenitore non appena vengono create le formulazioni dei farmaci per ridurre al minimo il rischio di dover apportare costose modifiche e incorrere in ritardi nelle fasi di sviluppo successive.